sabato, 25 gennaio 2014, 13:38
di gabriele tolari
Tambellini paragona il clima di odio del nazismo alla situazione moderna, soffermandosi parecchio sulla questione del campo nomadi di Lucca. “Facciamo una riflessione sul presente – ha detto in apertura del consiglio congiunto tra comune e provincia sui giorni della memoria e del ricordo – e sulle emergenze che lo costellano. In questo contesto si può essere portati a riproporre un ‘noi’ contro ‘loro'”.
“Non posso esimermi dal ricordare il violento dibattito circa i termini di progettualità rispetto ai nomadi. Mi viene da paragonare passato e presente. Tutto ciò che è avvenuto col nazismo – si è domandato il sindaco – si traduce nel modo in cui oggi ci si pone su certe questioni? Parliamo di immigrati, nomadi, rom, ma sono anche padri, madri, figli, anziani. Individui con sentimenti”.
“Dico no a strane derive, i principi fondanti della civiltà non possono essere derogati. Se la maggioranza della società – si è chiesto il sindaco, recentemente offeso e, pare, minacciato da ignoti proprio per la questione degli alloggi ai nomadi – vuole la pena di morte, dobbiamo forse attuarla? Chi amministra deve ascoltare questi sentimenti oscuri? No, bensì ha l’obbligo etico di indicare le linee guide che abbiamo conquistato con estremo sacrificio. Io non devo fare uno Stato etico, ma devo difendere l’eticità che sta alla base del patto sociale che ci unisce, nel rispetto dell’uguaglianza per tutti, nei diritti e dei doveri”. Nella sala plaudente spiccavano le assenze degli assessori al sociale Vietina e Maineri, rispettivamente di comune e provincia.
Bella e attenta, invece, la presenza degli studenti degli istituti ‘Fermi’ e ‘De Nobili’. Il consiglio, non a caso svolto nei locali di Maggiano della scuola per infermieri – località che un tempo ospitava il manicomio – è rientrato nella serie di eventi atti a non dimenticare i drammi di Shoah e foibe. Ma, nella fattispecie, prendendo spunto dal progetto di sterminio nazista denominato Aktion T4 e dalla figura del medico Lippi Francesconi – ribelle, fino a finire morto ammazzato dai nazisti a Massa – l’appuntamento odierno ha rappresentato l’occasione per dare risalto alle vittime disabili, o presunte tali in alcuni casi, della follia hitleriana.
Baccelli ha parlato del profilarsi di una nuova comunità, prendendo a esempio l’inno nazionale – oggi riproposto dalla banda di Nozzano – che durante i festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia ha sentito cantare vigorosamente soprattutto dagli studenti maghrebini. Particolarmente dettagliata la cronistoria del dramma nazista, raccontata da Gianluca Fulvetti, direttore dell’istituto storico della Resistenza, e dal vicepresidente dell’ente, Armando Sestani. Quest’ultimo si è soffermato sugli intenti di Hitler fornendo una panoramica dell’Aktion T4 e, soprattutto, della sterilizzazione forzata. “Già un mese dopo l’inizio della guerra, ci fu l’ordine di ampliare i poteri dei medici affinché concedessero a certi malati, considerati incurabili, la morte pietosa: vennero sterilizzate fra le 200 e le 350 mila persone ritenute malate a causa ereditaria. Ma la decisione – ha specificati Sestani – venne predatata nei documenti al giorno d’inizio della guerra, a simboleggiare l’obiettivo primario di Hitler: la supremazia della razza ariana”.
Il vicepresidente ha anche avuto modo di raccontare come l’idea di un’etnia migliore delle altre, dunque di una loro classificazione, sia lontana nei secoli, e che pure gli statunitensi consideravano gli immigrati italiani in possesso di una mente poco superiore a quella del bue, di cui erano valutati fratelli: “Dal 1907 al 1979 ci sono state almeno 60 mila sterilizzazioni, soprattutto di donne, così da non mischiare i geni”, ha accusato Sestani.
Tra gli ospiti, presente anche la presidente di Anffas Lucca, Vania Nottoli: l’associazione, grazie all’organizzazione dell’analogo ente dell’Emilia Romagna, dall’1 al 14 febbraio allestirà a palazzo Ducale una mostra atta a focalizzare l’attenzione sui disabili. Ha chiesto di tenere alta la concentrazione, perché non è del tutto passato il rischio che eventi del genere, cioè l’eutanasia forzata o comunque la discriminazione dei portatori di handicap, si ripresentino nel mondo. Molto toccante, infine, il ricordo di Micaela Lippi Francesconi sul nonno Guglielmo: “A casa ho molte cartoline che scriveva alla mamma quando era prigioniero durante prima guerra mondiale. Il nonno cercava sempre di apparire allegro, si vergognava anche di far sapere alla famiglia che stava morendo di fame e freddo. Ne ho lette una decina a mio figlio, perché i più giovani devono capire che la vita non è sempre semplice e niente è dovuto”.
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